La Storia

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Il 18 settembre 2012 è stato costituito il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali (DiSAAA-a) dall’unione delle seguenti strutture: Dipartimento di Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie, Dipartimento di Coltivazione e Difesa delle Specie Legnose “G. Scaramuzzi” e Facoltà di Agraria.


La storia della Facoltà di Agraria dell’Università di pisa
Il 5 ottobre 1840, con la Notificazione del Granduca Leopoldo II di Lorena, veniva istituita la cattedra di Agricoltura e Pastorizia nel quadro della riforma del piano di studi dell’Ateneo Pisano. Quale primo titolare venne chiamato il Marchese Cosimo Ridolfi, agricoltore, cultore di studi agrari e accademico georgofilo, deciso ed autorevole propugnatore dell’idea innovatrice di “professare agricoltura all’Università”. presidenza
Con notificazione della Sopraintentenza degli Studi del Granducato di Toscana, in data 1 marzo 1844 venne istituita la Scuola di Agraria. Essa rilasciava un diploma accademico che ha costituito il primo ordinamento di studi universitari, di cui si abbia notizia, per il conseguimento di una laurea in scienze agrarie.
La Facoltà di Agraria fu istituita definitivamente nel 1871 ed è stata la prima istituzione universitaria di studi agrari nel mondo. La sua storia appare segnata da continuità di orientamenti e prospettive, traendo dalla lezione del passato indicazioni per il futuro.
Dal 18 settembre 2012 la Facoltà di Agraria ha cambiato denominazione in Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

La Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa: 172 anni di eccellenza

Una lunga tradizione…

Molti nomi illustri hanno insegnato nella Scuola Agraria di Pisa tra cui Antonio Pacinotti che insegnò meccanica applicata all’agricoltura, il botanico Giovanni Arcangeli, l’economista Giuseppe Toniolo e molti altri. Con legge del 1963 venne affidata all’Università di Pisa la Tenuta demaniale di Tombolo (circa 1700 ha, ubicata a 7 km dalla Facoltà) per finalità inerenti la didattica e la ricerca nel settore agrario. La Tenuta di Tombolo è stata utilizzata dalla Facoltà come la continuazione moderna delle antiche aziende agrarie di Piaggia e S. Cataldo volute dal Marchese Ridolfi alla fondazione della scuola agraria ed ormai assorbite dall’espansione della città. La tenuta di Tombolo fu inizialmente organizzata come “Centro di Ricerca e Sperimentazione Agraria ed Aziendale” ed intitolata al Prof. Enrico Avanzi, agronomo e rettore della nostra università. Nel 1989 ha assunto una nuova organizzazione giuridica e funzionale quale Centro Interdipartimentale di Ricerche.

Cenni sulla ex Facoltà di Agraria di Pisa

Alessandro Volpi, Dipartimento di Scienze della Politica

La nascita della Facoltà di Agraria affonda le sue radici nel cuore della Val d’Elsa, a Meleto, vicino ad Empoli, nella tenuta del marchese Cosimo Ridolfi che nel 1834 aprì una scuola per futuri fattori, raccogliendovi i figli dei contadini della zona. L’obiettivo era quello di formare figure intermedie in grado di trasmettere alla popolazione delle campagne toscane sia una solida moralità, basata sui valori del lavoro, sia le nozioni fondamentali di una agricoltura “scientifica”, in grado di sanare molti degli errori legati alle tradizionali pratiche contadine. Morale e scienza erano dunque inscindibili nell’originario progetto ridolfiano, rivolto a scolaro in età infantile, per procedere ad un progresso agricolo che rialzasse le rese dei terreni, senza stravolgere però gli equilibri sociali esistenti e senza mutare troppo bruscamente le abitudini mentali delle classi rurali.
Questa prima prospettiva subì un avvertibile mutamento alla fine degli anni Trenta, allorché Ridolfi aveva ormai maturato l’idea di una praticabile “riforma agraria”, basata sull’adozione generalizzata del sistema quadriennale di rotazione, in sostituzione del precedente triennale, di una razionale contabilità agraria e di strumenti di lavorazione del terreno decisamente efficaci. Una volta convintosi della validità del suo progetto, il marchese cominciò a ritenere indispensabile diffonderne i contenuti non più ai fattori, ma ai proprietari in quanto soltanto i possessori dei terreni avrebbero potuto adottare le decisioni necessarie all’adozione delle misure previste dalle sue idee. Occorreva al tempo stesso, vista la maggiore complessità dei contenuti didattici, indirizzarli a studenti universitari che avrebbero peraltro ottenuto così un titolo in grado di migliorarne la posizione sociale.
Proprio contemporaneamente a queste riflessioni, a Pisa andava prendendo corpo la grande riforma universitaria concepita del sovrintendente Gaetano Giorgini, che mirava ad aprire l’Ateneo alle istanze provenienti dalla società e dal mondo economico. In tale contesto, quindi, era quasi naturale pensare a Ridolfi come possibile titolare di una cattedra di agronomia che divulgasse i principi della nuova agricoltura scientifica, così da renderli noti ai futuri amministratori delle terre toscane. I primi contatti risalgono all’autunno del 1840 e il marchese fece immediatamente intendere all’autorità granducale che la sua condizione per accettare l’insegnamento era quella di disporre non solo di una cattedra ma anche di un’azienda agricola, con una vasta estensione di terre dove porre in essere l’applicazione concreta e visibile delle tesi espresse a lezione. Nell’arco di tempo compreso fra il 1840 ed il 1842, Ridolfi si adoperò per cercare tali terreni che individuò nella zona delle Piagge e di San Cataldo. Nel primo caso esistevano le condizioni per riprodurre la natura tipica delle terre toscane, condotte a mezzadria, mentre nel secondo si trattava di una realtà agraria priva d’acqua e spoglia di vegetazione. Lo scopo del marchese era di utilizzare simili esemplificazioni per dimostrare la validità del suo schema di rotazione quadriennale applicabile in entrambi i casi con significativi risultati. Nel 1843 ebbe inizio il primo ciclo di lezioni, frequentato anche da numerosi “uditori” esterni, e nel marzo del 1844 la cattedra, che era inserita nella Facoltà di Scienze Naturali, nata proprio con la riforma Giorgini, si trasformò in un corso triennale, in cui erano contemplati insegnamenti di agronomia, di fisica, di botanica, di algebra e di architettura rurale, al termine del quale era previsto il rilascio di una licenza. Ridolfi era persuaso infatti dell’esigenza di consentire ai figli dei proprietari terrieri di seguire soltanto il corso in questione, senza obbligarli a prendere una laurea universitaria quadriennale, forse troppo impegnativa e costosa, soprattutto nel caso di piccoli possidenti.
Nel 1845, Ridolfi fu costretto a lasciare l’insegnamento pisano perché chiamato a svolgere l’ufficio di educatore del futuro granduca e il suo posto fu preso da Pietro Cuppari, un siciliano che era stato il miglior alunno di Meleto. Pur nella continuità con le idee del suo maestro, Cuppari orientò i corsi allo studio dell’azienda agricola non vincolandola più alla realtà delle campagne toscane, ma inserendola nel più generale contesto italiano. In questo senso tornava ad essere decisiva la figura del fattore, concepito ora come un direttore d’azienda, che avrebbe dovuto possedere la preparazione destinata a permettergli di operare in qualsiasi quadro agrario.
Dopo i fatti del 1848-49, anche la cattedra di agricoltura subì gli effetti della “restaurazione” politica. Proprio per colpire Ridolfi, accusato da Leopoldo II di scarsa lealtà nelle recenti vicende rivoluzionarie, l’insegnamento figurò tra quelli soppressi in seguito alla riforma universitaria del 1851 che creava l’Ateneo etrusco, composto di due sedi a Pisa e a Siena e dotato di un numero significativamente minore di corsi. Pisa, responsabile di aver dato origine ai moti, veniva duramente colpita dalle nuove misure granducali e l’esperienza di Cuppari era costretta ad interrompersi. Il siciliano, che pur aveva avuto numerose offerte da altre Università italiana, decise di restare a Pisa e nel 1854 ottenne l’autorizzazione ad aprire una scuola privata di agricoltura, potendo sfruttare una parte dei terreni del precedente istituto agrario, ma nel 1858 anche questa iniziativa dovette cessare per intervento sovrano.
La rinascita della cattedra fu possibile solo con la caduta dell’autorità lorenese, nell’aprile del 1859, quando un decreto del neoistituito governo provvisorio, guidato da Bettino Ricasoli, sancì la fine dell’Ateneo etrusco e una successiva disposizione, del 31 luglio dello stesso anno, riportava in vita le sei Facoltà esistenti a Pisa. Queste misure furono poi ribadite nel marzo del 1861 da un decreto del nuovo Regno d’Italia. Tornava in vita così una sezione di agronomia e veterinaria, annessa alla Facoltà di Scienze Naturali, distribuita in tre anni, al termine dei quali era previsto il rilascio di un “diploma di licenza”. Le materie insegnate comprendevano, oltre all’agronomia, la fisica, la chimica (a cui nel 1860-61 si sarebbe aggiunto uno specifico corso di chimica agraria), la botanica, la geometria descrittiva, la geologia e l’architettura civile e rurale. Inizialmente l’istituto, a cui erano di nuovo assegnati i terreni delle Piagge e di San Cataldo, fu sottoposto alle dipendenze del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, ma già nel 1865 un decreto regio lo affidò al controllo del Ministero della Pubblica Istruzione.
Cresceva intanto il numero degli iscritti che passarono dai 2 soli studenti del 1859-60 ai 57 del 1871-72; un incremento dovuto in primo luogo alla trasformazione conosciuta dal corso triennale che, oltre a rilasciare il già ricordato diploma di licenza, poteva, con un ulteriore quarto anno, permettere il conseguimento di una vera e propria laurea, costituendo l’unico caso in Italia di una laurea di tal genere.
Nel gennaio del 1871 moriva Pietro Cuppari e la cattedra di agricoltura veniva assegnata ad un altro siciliano, Girolamo Caruso – destinato a restare nell’Ateneo pisano per ben 46 anni – che accelerò il processo di trasformazione in senso nazionale dei contenuti degli insegnamenti pisani, ormai quasi del tutto svincolati dal contesto regionale. Nella sua prospettiva, in particolare, occorreva concepire un modello di mezzadria, sapientemente trasformata rispetto ai caratteri dei contratti toscani, da applicare in altre zone del paese accompagnandolo con un sensibile miglioramento nel campo delle culture cerealicole ed arboree e con una attenta opera di concimazione chimica. Legata al territorio locale era invece l’azione del Comizio Agrario pisano, creato da Caruso fin dal 1872 nella forma dell’associazione fra i proprietari terreni per consentire loro di acquisire conoscenze e macchinari necessari alla trasformazione dell’agricoltura. Nel 1896 scomparve la possibilità per il corso di studi in agraria di rilasciare il diploma triennale, chiudendosi così di fatto la stagione che era iniziata con l’esperienza di Ridolfi. Nel 1923, allorché la cattedra di agricolture passò a Napoleone Passerini, l’istituto pisano passò alle dipendenze del Ministero dell’Economia Nazionale, acquisendo una propria autonomia giuridica rispetto alla Facoltà di Scienze Naturali e rivestendo un ruolo centrale nella politica autarchica del regime. Nel 1935, infine, dopo essere tornato dal 1928 sotto il controllo del Ministero della Pubblica Istruzione, l’istituto assunse i contorni compiuti della Facoltà.